Mercoledì 09/10/2013

Rivalta Cappella del Monastero, via Balegno ore 21

Grandi Opere: 50 anni dopo il Vajont, a che punto siamo?
Sandro Buzzati, attore e testimone diretto di quella grande tragedia annunciata, ci accompagna nel ricordo di un percorso...
Inoltre saranno presenti Angelo Tartaglia, Chiara Sasso


di seguito il commento di Claudio Giorno

Presentata da Gianna De Masi, introdotta da Chiara Sasso e conclusa da Angelo Tartaglia che hanno avuto il difficile compito di proporre assonanze, ma di marcare la diversità profonda tra un eccidio apocalittico e una vicenda complessa e infinita come l’ultima grande opera che ci si ostina a voler realizzare tra le valli di Susa, Sangone e la cintura torinese si è svolto il terzo appuntamento del ciclo 2013-2014:
Sandro Buzzatti ha letto Sandro Canestrini nel salone sopra il vecchio mulino di Rivalta la sera del cinquantesimo anniversario del Vajont…Credo che – senza nulla togliere ai tantissimi incontri di questi anni felici - quello di Rivalta sia stato uno dei momenti più alti da che esiste il “Grande Cortile”: Chi pensa che io esageri può farsi una idea (per quanto possibile attraverso i limiti di un filmato) ma a patto che sia disponibile a seguire la lettura tutta d’un fiato.  Il “racconto” che il grande attore, sperimentatore, organizzatore di Belluno ha fatto del testo dell’arringa che l’avvocato delle vittime del profitto ad ogni costo, Sandro Canestrini, tenne nell'aula del tribunale de L’Aquila dove il processo (così come i pochi superstiti di Erto, Casso e Longarone) erano stati deportati perché i ricchi e illustri imputati non fossero messi a disagio da una eccessiva vicinanza al luogo della (loro) strage degli innocenti.
Buzzatti, è stato testimone diretto di quella grande tragedia annunciata, e ci ha accompagnato nel ricordo di un percorso - doloroso ma accorto - oltre la notte dell’orrore, nei lunghi anni di umiliazioni, ingiuste sentenze rovesciate con dignità, coraggio e  tenacia da chi non ha mai smesso di lottare...Siamo tutti colpevoli e tutti debitori verso chi perse la vita e verso chi perse anche “solo” tutte le sue povere cose nella notte del 9 ottobre 1963. Se, nonostante tutto, è stato possibile almeno appellarsi al principio di precauzione nelle contro-deduzioni di innumerevoli follie progettuali successive, lo si deve a loro. Probabilmente si deve in larga parte a loro anche il fatto che il giornalismo di inchiesta ha avuto riconosciuto, nell’Italia arretrata di quegli anni, quel ruolo sociale che oggi i cronisti precari e le firme mercenarie stanno smarrendo: è grazie a Tina Merlin se si riconoscono a prima vista i subdoli tentativi (purtroppo ancora attuali) di bollare (e intimidire) con l’accusa di “procurato allarme” coloro che denunciano con particolare ostinazione i rischi connessi al conseguimento di profitti illeciti e non dichiarati (al posto degli obiettivi propagandati). Così come se uno dei primi magistrati disposti a vendersi una sentenza è stato denunciato all’opinione pubblica lo si deve all’inarrivabile etica umana e professionale di un avvocato come Canestrini (che col collega Tosi) patrocinò gratuitamente i superstiti difendendoli anche dalle calunnie dei carnefici dei loro cari che sostenevano che mirassero solo a risarcimenti  milionari…


Una arringa memorabile, uno straordinario atto di civiltà fin dall’esordio: “Non posso salutare questo Tribunale perchè non è quello giusto” furono le sue prime parole quel 23 settembre del 1968, sei anni dopo l’eccidio. E, intervistato per l’ennesima volta, qualche anno fa, ricorda: “Quando il Presidente della Corte mi chiese quanto intendevo parlare, gli risposi “due giorni”. Lui aprì il giornale e si mise leggere, io dissi “faccia come crede, chiedo solo di non essere interrotto” - Un confronto che si apriva senza sconti e che non poteva essere destinato a un risultato di parità: qualcuno doveva uscirne sconfitto e così fu. E per una volta fu l’arroganza del potere ad avere la peggio. In un recente convegno "Vajont genocidio dei poveri"  (svoltosi nel 2011 a Belluno) è stato evidenziata la mole di lavoro svolta e l’attualità della lezione che ne è derivata. Se ne trova un efficace resoconto sul “Corriere delle Alpi”: «Gli avvocati di parte civile si divisero i compiti;  Tosi era il più giovane, e dedicò due anni a studiare le perizie riuscendo a renderle comprensibili a chiunque. Canestrini si occupò della responsabilità dei singoli imputati. Un grido che chiedeva giustizia, anche per l'intera nazione schiacciata dagli interessi privati.  Leggendo le arringhe di allora pare che il tempo si sia fermato, perché «la storia del Vajont continua a ripetersi sotto altri cieli».   L’avverbio  "impercettibilmente" entra di diritto nella storia: «Una montagna che si spostò di 4 metri in tre anni, e che Tina Merlin denunciò nei suoi articoli su L'Unità, per i quali venne processata ed assolta, secondo una relazione parlamentare era uno spostamento "impercettibile"»! Dalla lettura emerge anche un particolare che (la sera dopo il racconto del dott. Guglielmo a Villar Focchiardo nel precedente appuntamento del Grande Cortile, circa la disavventura del geometra dell’ufficio tecnico di Chiomonte) suona vagamente raccapricciante:  «Nel primo processo celebrato a Padova venne arrestato il geometra Rizzato perché sottrasse la relazione del prof. Ghetti per far conoscere la verità. Avrebbe meritato un premio».  Cosa avrebbero dovuto fare – in proporzione - all'ingegner Carlo Semenza, responsabile della Sade (al società idroelettrica che gestiva la diga) «perché quando vide piegarsi gli alberi sul monte Toc aveva ancora 10 ore per dare l'ordine di evacuazione. Non lo fece, e si affidò alla provvidenza». Per un momento l’avvocato Canestrini (che nel 2011 era sulla soglia dei novant’anni!) deve essere sembrato ai presenti come se avesse rivestito la toga, quasi a voler aggiungere una appendice alla sua arringa di oltre quarant’anni prima: «La tecnica pura non esiste, è al servizio degli interessi. Guardatevi dai giudizi tecnici troppo sensibili ai quattrini. E dalle brave persone, sempre d'accordo con i potenti. Come Montanelli, che scrisse delle pagine orrende sul Vajont. Le brave persone, invece, sono quelle che si battono per la verità».  E il resoconto aggiunge una citazione di Brecht «se cade l'indifferenza è tutto finito» e gli ignavi di Dante «quelli che se ne lavano le mani di tutto e curano solo i loro interessi». Cosa che ci riporta nel salone del mulino di Rivalta, gremito di persone e denso di emozione, e alla lettura di Buzzatti delle stesse – profetiche - citazioni letterarie.
Rivalta, 9 ottobre 2013 – Claudio Giorno


LA LETTURA DI Buzzatti la si trova qui: http://www.youtube.com/watch?v=-_zUyk8c5E4